Venerdì 21 gennaio, alle ore 21, presso la chiesa della Resurrezione di Castelnovo ne’ Monti, nell’ambito della settimana per la riconciliazione dei cristiani, Maria Teresa Battistini, del Comitato contro la fame di Forlì, ricorderà l’amica missionaria Annalena Tonelli. Chi era Annalena? Di se stessa Annalena diceva "io sono nobody", sono ‘nessuno’. Di recente è uscito un libro che ripercorre la sua avventura: ‘Io sono nessuno – Vita e morte di Annalena Tonelli’, di Miela Fagiolo D’Attilia e Roberto Italo Zanini (edizioni San Paolo); racconta di come la donna, forlivese di nascita, lasciò l’Italia a 26 anni, dopo una laurea in legge, con destinazione Kenya. Annalena Tonelli, una straordinaria missionaria laica che aveva dedicato la propria vita agli ammalati, ai poveri e ai dimenticati dell’Africa. E' deceduta in seguito ad un attentato a Borama il 5 Ottobre 2003. Si guadagnò sul campo il titolo di dottore occupandosi dei nomadi del deserto malati di tubercolosi e sperimentando un nuovo metodo per la cura di questa malattia. Cacciata dal Kenya per aver evitato, con le sue denunce, un massacro di alcune popolazioni nomadi da parte del governo di Nairobi, era finita in Somalia, prima a Mogadiscio, poi a Merca. Inizialmente aveva fondato un cronicario, orfanotrofio nella città portuale di Merca. Trasferitasi a Borama, nel Somaliland, nord-ovest della Somalia, vi riattivò un ospedale e ambulatorio per la cura e prevenzione della tubercolosi: un migliaio circa di malati e un ritmo intensissimo di lavoro. Oltre alle cure mediche, iniziò anche: scuole di alfabetizzazione per bambini e adulti tubercolotici, corsi di istruzione sanitaria al personale paramedico, una scuola per bambini sordomuti e handicappati fisici. L'Organizzazione Mondiale della Sanità forniva i medicinali essenziali e Annalena provvedeva alla spesa del mantenimento della struttura ospedaliera, stipendiava il personale, forniva cibo ai pazienti, materiale e attrezzature scolastiche. Aveva salvato migliaia di bambine dalla mutilazione genitale femminile e affrontato il problema dell’Aids. La sua volontà di dialogo con i musulmani le aveva attirato minacce e aggressioni. Ma lei andava avanti, anche se non di rado aveva premonizioni del suo destino; alla sua vita gli aggressori hanno posto crudelmente fine il 5 ottobre 2003, quando aveva raggiunto i 60 anni. l'ONU l'aveva insignita del prestigioso premio Nansen a Ginevra il 25 giugno 2003. Ecco la testimonianza di un giornalista del Corriere che l’aveva incontrata: “Dorme quattro ore, gliene restano altre venti per stare accanto ai suoi malati. Ci sono 200 letti all’ospedale di Borama in Somalia, regione del nord-est. Tutti occupati, tutti i giorni. Possiede due tuniche e uno scialle, i sandali glieli hanno regalati altrimenti andava scalza. Vive da povera tra i poveri, da sfollata tra gli sfollati, da rifugiata tra i rifugiati. Ma non sa cos’è il sacrificio. Non è per quello che Annalena fa quello che fa. Da 33 anni, lei ne ha 60. «Non c’è rinuncia, rido di chi la pensa così. La mia è pura felicità, chi altro al mondo ha una vita così bella?». Bella anche se non vede altro che gente che soffre. Bella anche quando l’hanno scacciata, picchiata, minacciata di morte. «Dio mi ha dato la capacità di superare ogni problema, non ho mai pensato di tornare indietro».