Sull’ultimo numero, di questo mese, di “Oltre la Sparavalle”, giornale delle parrocchie del crinale reggiano, compaiono - come sempre, del resto - una serie di interessanti articoli.
Uno in particolare attira l’attenzione data l’attualità “civile” che tratta. Ci riferiamo a “Fondovalle?… Sì, grazie”. Il pezzo, firmato da tutti i sacerdoti del vicariato, esprime un netto parere favorevole alla prosecuzione della strada verso monte. “Unanime è stata la richiesta di una viabilità moderna e scorrevole e in particolare della fondovalle Secchia (…) Noi, preti del crinale, restiamo allibiti”. Dopo aver ripreso un’affermazione del sindaco di Busana (“Dentro l’Ulivo esiste una posizione condivisa contraria al prolungamento della fondovalle e favorevole all’ammodernamento della statale 63… “) - riportata sul numero scorso di "Tuttomontagna" - essi pongono la questione nei seguenti termini.
“Ora ci chiediamo - dicono – se non siamo stati capaci di ascoltare la nostra gente. Forse con noi la gente usa una faccia e con gli amministratori un’altra (si sa che l’amministratore ‘chiude un occhio’)? O non sarà che amministratori e politici non si importano di quel che pensa e spera la gente?”. “Noi crediamo che la fondovalle Secchia fino a Collagna e, in seguito, il traforo verso la valle del mare sia l’unica possibilità per ridare vita ai territori di Ligonchio, Busana e Collagna”. I don della montagna rivolgono un accorato appello agli amministratori “perché prendano contatto con le popolazioni dei loro comuni” e a tutti i montanari “perché facciano sentire la loro voce; riscopriamo un po’ del nostro orgoglio”. Sottolineando che “se il bue avesse conoscenza della sua forza non si lascerebbe portare con tanta facilità al macello”.
Ma ce n’è anche per la rotonda di S. Pancrazio di Castelnovo. “Nel frattempo vediamo febbricitare i lavori per la costruzione della rotonda che ha colto di sorpresa gli stessi cittadini di Castelnovo ne’ Monti. Anche qui chiediamo: era il lavoro più urgente? Non sarebbe stato più ragionevole una tangenziale che liberasse le strettoie di Castelnovo e desse una pista scorrevole verso la montagna?”. “E’ la politica dell’imbuto che si protrae da decenni: tutto deve passare da Castelnovo e tutto in funzione di Castelnovo”.
Il grido d’allarme: “Nel 1990 la popolazione della montagna era di 43mila persone; oggi siamo in 33mila. Tra dieci anni quanti saremo? L’area più penalizzata è quella del nostro crinale: siamo al limite della sopravvivenza”.