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Giovanelli, un successo della Commissione la decisione della Russia di proporre la ratifica di Kyoto

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Il rapporto e il progetto di risoluzione presentati dall'eccellente collega Meale, avevano dall'inizio un'importanza e un livello di qualità straordinario.
Ma è ancora più straordinario, e raggiunge l'entusiasmo, l'animo con cui possiamo discuterne oggi, all'indomani dell'annuncio del governo russo di proporre la ratifica e dunque far entrare effettivamente in vigore l'accordo mondiale sul controllo delle emissioni, già nei primi mesi del 2005.
Non possiamo dire che "sembra un sogno", solo perchè vi sono ancora molti ostacoli da superare e il cammino del Protocollo di Kyoto, così come quello di uno sviluppo sostenibile, sarà un cammino sempre in salita.
Ma siamo a una pietra miliare nella storia delle politiche per l'ambiente.
Fino a poche settimane fa evocare "Kyoto" significava al massimo pensiero augurante (wishful thinking) se non un'illusione.
Oggi è il rinascere di una speranza del mondo, e non solo per il clima.
E' la speranza che la comunità internazionale trovi una risposta comune e concreta alla sfida ecologica del XXI secolo, e che abbia finalmente un regista e un motore l'agenda 21 di Rio, un documento che, a distanza di 12 anni, sarebbe utile rileggere in tutti i parlamenti del mondo.
E' stato scritto giustamente che l'annuncio di Putin è un successo della Commissione Europea. E' vero: è il quarto grande successo della Commissione presieduta da Romano Prodi: dopo l'euro, l'allargamento dell'Europa a 25 e l'adozione della Costituzione, la ratifica russa di Kyoto fa crescere immensamente il ruolo dell’Unione Europea.
Credo che tutto ciò debba essere motivo d'orgoglio anche per il Consiglio d'Europa e per la nostra assemblea.
Perchè la Russia ha scelto l'Europa, come partner riguardo una delle più grandi sfide della nostra epoca, prendendo le distanze dalla politica dell'attuale presidente USA, George Bush. E perchè l'Europa, la vecchia Europa, si propone così come leader nella globalizzazione, leader del nuovo, non solo della "diplomazia ambientale", ma dell'innovazione di un modello energetico, quello fondato sui combustibili fossili, che appare oggi al massimo della sua affermazione ma che proprio oggi intravvede il viale del tramonto.
Non ci sono solo gli uragani, le inondazioni e la siccità. Persino la guerra in Iraq e il prezzo del petrolio ci dicono quanto sia urgente marciare sulla strada tracciata dal Protocollo di Kyoto e indicata dalla nostra Assemblea, con la Risoluzione Meale anche per andare "oltre Kyoto".
Il mercato e la guerra sono arrivati già a mettere il dito nella piaga ed è tempo che la politica sappia fare la sua parte per governare l'uno e prevenire l'altra.
Mi trovavo a Kyoto nei giorni della conferenza mondiale sull'acqua, poco dopo Johannesbourg, quando l'avvio della guerra in Iraq ha fatto calare il gelo su quella conferenza, su tutte le relazioni internazionali, sul ruolo dell'ONU, sull'approccio multilaterale ai problemi che oggettivamente è richiesto dalla sfida dello sviluppo sostenibile.
La crisi delle relazioni internazionali aggravata, ma anche provocata consapevolmente dal terrorismo, ha lasciato allora la parola alla forza e ha messo in un cassetto il valore degli accordi. Mi sembra che ora, solo ora, c'è un altrettanto grande segno di inversione di tendenza.
Mi felicito che venga dalla Russia. Mi felicito con il collega Gratchev che si è impegnato nel lavoro della Commissione. Mi auguro che tutto questo serva ad aprire rapporti migliori con gli Stati Uniti, che devono prendere atto che non ha prospettiva la scelta di disertare i tavoli degli accordi multilaterali per il clima e per lo sviluppo sostenibile. Devono sedersi a quei tavoli, anche per sostenere le loro legittime ambizioni di leadership mondiale e le conseguenti responsabilità.
Dobbiamo intensificare l'azione per riportare il governo degli USA, a cominciare dalla conferenza di Buenos Aires, alla scelta della concertazione.
Dobbiamo al tempo stesso impegnare più seriamente e più severamente i nostri Paesi a camminare davvero sul cammino che adesso comincia davvero.
Anche se la sfida appare più difficile per i Paesi che come l'Italia, partono da un alto livello di efficienza energetica e di pressione fiscale sui combustibili fossili, ammetto e sottolineo che anche il mio Paese è chiamato a fare molto di più. Lo dico non in polemica con l’attuale governo, ma con il trend inadeguato che dal 1992 ad oggi ha visto crescere le emissioni.
Dovremmo impegnare i nostri Parlamenti a dare concretezza agli inviti molto precisi e pertinenti contenuti nella risoluzione.
Dobbiamo riconoscere in questi impegni non solo un obbligo, ma delle opportunità: opportunità di innovazione e di sviluppo, per la ricerca, per la tecnologia, per l'industria, per il commercio; e anche opportunità per la qualità dell'aria, della salute e della vita nelle nostre città".